Esistono tracce di pali di fondazione di strutture lignee, emerse durante i lavori al campo sportivo, che forniscono i più antichi riscontri archeologici sulla presenza di una facies arcaica, dove sorgerà, in seguito, l’insediamento urbano di Gavi.
In epoca romana Gavi deriva dal nome personale “Gavius” molto diffuso nell’antroponimia latina; altre ipotesi fanno riferimento alla voce “gava” che in alcuni dialetti dell’Italia Settentrionale ha il significato di valle torrentizia profonda o ancora al vocabolo germanico “gawi” inteso come villaggio/contrada.
Il primo riferimento a Gavi è contenuto nel documento d’archivio del 972 con un primitivo nucleo di popolazione agricola.
Poi nel 1006 alcune terre dell’area gaviese risultano in possesso del vescovo di Genova e altri fondi rurali vengono donati nel 1033 dal Marchese Adalberto II, capostipite degli Adalbertini di Gavi, Parodi e Massa, al Monastero di Santa Maria di Castiglione Parmense.
IL BORGO MEDIOEVALE
La visita a Gavi non può prescindere dal borgo medioevale, in parte oggi urbanizzato.
L’itinerario ricalca l’antica “Strada del Pedaggio” in vicinanza dell’osteria della Maddalena che era situata alla biforcazione tra la Via Cavalieri di Vittorio Veneto e la Strada del Lemme dove esiste ancora un edificio rurale che ne conserva tracce delle originarie strutture seicentesche.
Esiste poi il Mulino della Maddalena ricordato nel 1421 come “Molino superiore” presso la chiesa di sant’Eusebio.
In effetti da fonte quattrocentesca sorgeva il Monastero di sant’Eusebio tra il 1127 e il 1462 come dipendenza dell’Abazia Benedettina di Santa Maria di Castiglione Parmenese.
Il convento fu poi abbandonato e sulla stessa area fu edificata una fornace nel 1454, che restò sino al 1914.
Via Garibaldi è la vecchia contrada del Carmine, dove nell’area che ospita adesso il teatro comunale sorgeva il convento di Santa Maria dell’Annunziata edificato nella seconda metà del XVI secolo e in cui si trasferirono i Carmelitani dopo l’abbandono del Monastero di Sant’Eusebio.
Nel 1582 vi erano sei altari; nel 1798 fu espropriato dalla Repubblica di Genova.
Fra le opere d’arte conservate nel monastero si recuperarono un crocefisso ligneo settecentesco, alcune statue e l’altare marmoreo che, acquistati da Monsignor Antonio Reggio, furono donati all’Oratorio dei Bianchi.
Monsignor Reggio fece costruire a margine dell’area conventuale una piccola cappella, ancora esistente, dedicata a Santa Maria del Carmine.
L’Organo della chiesa conventuale fu acquistato dalla Compagnia del Rosario e donato alla Parrocchiale di San Giacomo.
Più avanti vi è il vecchio ospedale innalzato su una precedente costruzione in cui erano ospitati all’inizio del XIII secolo un gruppo di “battuti” e “flagellati” che provenivano dalla Francia. In origine l’Ospedale fu intitolato a San Cristoforo e fu ricostruito nel XVI secolo con la disposizione di separare le camere tra uomini e donne.
La centrale Via Mameli, ospita i più importanti palazzi nobiliari:
Palazzo di Giovanni Battista Cambiaso 1798, con cappella privata;
Palazzo di Giovanni Battista Marenco con annessi i due forni pubblici di Gavi;
Palazzo edificato da Pompeo Rocca nel 1705;
Palazzo di Città, sede storica del Comune di Gavi risalente al 1589;
Palazzo Da passano descritto nel 1798;
Palazzo Borlasca edificato nel XIV secolo che ospitò nel 1529 l’imperatore Carlo V;
Palazzo Rocca Sartorio ristrutturato nel 1641;
Palazzo Raggio, antica saliera;
Palazzo Serra, già Pinelli gentile, del XVII secolo.
IL PORTINO
La porta di ingresso della città presenta una pianta rettangolare di tipo monodirezionale.
La bifora della facciata, con colonnine e semplice capitello corinzio stilizzato sembrano riferire a datazione dell’opera agli inizi del Duecento.
Il Portino è l’unica porta di accesso sopravvissuta.
Il percorso consentiva l’accesso al borgo, ma era soprattutto utilizzato per accedere al sottostante Mulino.
L’opificio, indicato come “Mulino di Mezzo” apparteneva ai Marchesi di Gavi e presso il mulino fu costruita una caserma per alloggiare i soldati del presidio a guardia dei reclusi.
L’ORATORIO DEI BIANCHI
L’oratorio dei Bianchi, posto tra la Via Garibaldi e la Via Ospedale, il cui nome indica le cappe dei confratelli, figura nel 1582 tra quelli elencati dal visitatore apostolico di Genova.
La Chiesa restaurata nel 1975, presenta una unica navata e venne decorata con gli episodi delle storie della passione da Giovanni Agostino Ridolfi alla fine del XVI secolo.
Le pitture murali sono quasi scomparse a seguito dei due altari laterali e del pregevole organo realizzato da Carlo Serassi ne 1827.
OPERE
Affresco murale del Giudizio Universale dipinto sulla volta a metà del XVII secolo da Giovanni Battista Carlone;
Crocefisso processionale attribuito a Gerolamo Del Canto;
Statue barocche dell’Immacolata, di San Rocco e di Santa Limbania;
Pala dell’altare del serravallese Bernardo Montessoro del 1608.
ORATORIO DEI TURCHINI
L’oratorio dei turchini, posto in adiacenza all’Ospedale, il cui nome deriva dalle cappe dei confratelli, è officiato dalla Confraternita di N.S. Assunta, in origine Compagnia dei disciplinati di Santa Maria, figura nel 1582 e gestiva il Monte di Pietà, come dimostra la scritta all’esterno, che concedeva prestiti alle famiglie povere senza praticare interesse, funzione che i Turchini hanno svolto sino ai primi decenni del Novecento.
La Chiesa presenta all’interno una unica navata con volta a botte e conserva pregevoli opere d’arte.
OPERE
Statuina lignea della madonna Immacolata attribuita a scuola napoletana del XVII secolo;
Gonfalone con ricami a filo d’argento decorato che raffigura la Madonna Assunta e, sul verso, San Giovanni Evangelista;
Croce in astile in argento, riferibile ai primi anni del settecento, di manifattura francese;
Statua di Sant’Antonio Abate proveniente dalla cappelletta sconsacrata del Paraiso;
Statua lignea della Madonna Assunta di Bartolomeo Carrea;
Nelle nicchie del coro una statua lignea barocca e una statua marmorea della Madonna delle Grazie;
Del secondo decennio del XVII secolo pervenute dalla Spagna;
Organo della cantoria, opera del 1824, realizzato da Giovanni Battista Lingiardi.
ORATORIO DEI ROSSI
Lungo la strada che conduce alla contrada Borgonovo, sorge l’Oratorio dei Rossi, oratorio della Confraternita della SS Trinità, testimoniata dalla seconda metà del XVI secolo ed aggregata all’Arciconfraternita della SS Trinità di Roma nel 1609.
Il nome dei Rossi deriva dal colore della cappa dei confratelli.
La confraternita gestiva il “Monte del Grano” e un forno costruito nel 1670, con l’obbligo di vendere il pane e i generi alimentari a prezzo basso.
L’interno con unica navata a botte.
OPERE
Organo costruito nel 1879 dall’artigiano Camillo Guglielmo Bianchi;
Pala che raffigura la Vergine con il Bimbo e i santi Agostino e Agata di Giuseppe Palmieri di Genova (1674-1740);
Dipinto “Ecce Homo” di Luciano Borzone (1590-1645);
Quadro del “Martirio di San Sebastiano” della prima metà del XVII Secolo;
Quadro della Sacra Famiglia con San Giovannino del Paggi;
Tela a soggetto profano contenente “La Continenza di Scipione” di Raffaele Badaracco(1648-1726).
GHETTO EBRAICO
In piazza delle Mura, indicata come “Contrada delle Cricche” era ubicato il piccolo ghetto ebraico di Gavi.
PONTE VECCHIO DEL LEMME
Sino al XIX Secolo vi era la Porta di Parodi.
Le notizie relative al ponte, probabilmente in legno risalgono al 1228.
Al centro del ponte era collocato un piccolo sacrario, ancora raffigurato in un dipinto del 1845.
Oggi esiste una cappelletta a margine del ponte, ornata da un elegante dipinto murale della Madonna della Guardia eseguito intorno al 1870 da Santo Bertelli (1840-1892) artista di antica famiglia gaviese.
CHIESA DI SAN GIACOMO MAGGIORE
La costruzione che rappresenta il più insigne monumento dell’Oltregiogo fu edificata durante la Signoria dei Marchesi di Gavi nel 1172.
Il tempio, significativamente dedicato a San Giacomo Maggiore, conserva memoria di un precedente ospizio per pellegrini sulla via di Campostella.
L’edificio viene spesso assegnato alla facies lombarda del romanico, anche se non mancano autorevoli letture che ne rilevano una struttura architettonica completamente genovese.
ASPETTI ESTERNI
Architrave accesso decorata con altorilievo che rappresenta la Coena Domini con al centro il Cristo che sovrasta i dodici apostoli disposti simmetricamente sei per parte e la figura rovesciata che sta sotto i piedi del Cristo va letta come una rappresentazione del Coelus, dominato dal Consacrator signore dell’universo.
La torre presenta una struttura ad ottagono di costruzione medioevale.
L’orologio è inscritto in un tipico occhio romanico.
La campana maggiore fu posta nel 1352 e recava l’impronta del simbolo araldico dei Visconti, allora signori di Gavi;
OPERE
Piccolo dipinto murale tardogotico raffigurante i Santi Sebastiano e Rocco;
Polittico di San Giacomo realizzato da Manfredo Boxilio nel 1478 che sovrastava l’altare maggiore;
Venduto nel 1862 all’Accademia linguistica di Genova dov’è ancora oggi conservato;
Dipinto del Sogno di san Giuseppe del Paggi (1554-1627);
Dipinto La Risurrezione di Lazzaro del pittore serravallese Bernardo Montessoro XVII secolo;
Pala con Madonna con il Bambino opera di Gandolfino da Roreto del 1493, Statua di San Giuseppe in bronzo;
Dipinto raffigurante La Trinità e i SS Girolamo e Francesco da Paolo di Giovanni Battista Carlone;
Tela di San Giacomo che scaccia i Mori di Raffaele Badaracco (1648-1726);
Tela del Battesimo di Cristo di Lazzaro Calvi datata 1591;
Statua marmorea della Vergine con il Bambino dello scultore toscano Carlo Cacciatori del 1730;
Statua lignea Madonna del Rosario di Luigi Montecucco nel 1854.
IL FORTE
La fortificazione conserva la traccia di una antichissima costruzione bizantina, il nucleo centrale dell’arce ingloba memorie sull’antico castello dei Marchesi di Gavi: le rampe di accesso, le due torri quadrangolari, il muro che sale al Bastione dello Stendardo.
Nel 1280 è testimoniata nel castello la Chiesa di Santa maria che, con le trasformazioni del 1628 venne spostata nel cortile inferiore e dedicata a santa Barbara.
Esistono due pozzi, esistevano una fucina-fonderia per gli armamenti e un mulino a mano per le “munizioni da bocca”.
Durante la Signoria dei Marchesi di Gavi, una delle torri del Castello era di proprietà dell’imperatore Federico I, che possedeva anche una casa nel borgo.
Occupato dai genovesi all’inizio del XII secolo, e in seguito dai Milanesi, da Facino Cane, dai Fregoso e dai Guasco, il castello torna alla Repubblica di Genova nel 1575.
Nel 1625 resiste agli attacchi delle milizie franco-sabaude e lo stesso accadde durante l’assedio posto dagli austriaci nel 1747.
Nel 1799, dopo la sconfitta di Novi, resta l’unica fortificazione occupata dai francesi in Italia.
In seguito, esaurita la sua funzione militare venne adibito a stabilimento penale dal 1848, carcere mandamentale dal 1891 al 1907 e campo di prigionieri nella prima e seconda guerra mondiale.
Nell’andio della torre a fianco della porta romana, permane traccia visibile della dominazione lombarda e della Signoria della Repubblica: il biscione visconteo accanto alla croce genovese.
Il disegno ordinato degli arredi architettonici, la simmetria delle luci, i camminamenti a ronda, i ponti levatoi e le relative torri di rinfianco coronate da pinnacoli decorativi, conferiscono al fortilizio un contenuto d’arte degno di un pacifico castello residenziale.
CONVENTO DI NOSTRA SIGNORA DELLE GRAZIE
In primis sorgeva una edicola ornata dall’effigie della Madonna con il Bambino, dove predicò San Bernardino tra il 1429 e il 1431.
Nel 1435, sul sacrario venne costruita una cappelletta dedicata alla Vergine alla quale si aggiunse una statua del Santo fatta erigere da Spinetta Fregoso, all’epoca Signore di Gavi.
Nel 1466 fu edificata una chiesa più ampia intitolata a San Bernardino.
Intorno al 1590 fu costruito il Monastero di N.S. delle Grazie sotto la direzione di Gavino Ponte per conto della Repubblica di Genova.
L’istituzione passò, dopo breve tempo, ai Carmelitani e venne assegnata ai Frati Minori Osservanti nel 1599.
La chiesa del convento presenta tre navate con volte a botte.
L’altare maggiore è contornato da sei sacrari, situati sui muri perimetrali delle navate laterali dedicati a San Francesco, alla Madonna delle Grazie, a San Pasquale Baylon, a San Bovo, a Sant’Antonio da Padova e alla Immacolata Concezione.
Tutti gli altari furono messi in opera nel 1754-1755 in sostituzione dei precedenti.
Nella festività del Santo Bernardino si teneva sul sagrato della chiesa una fiera di bestiame.
OPERE
Statua di Marmo conservata nel Convento, che propone una interpretazione realistica di San Bernardino datata 1455;
Organo installato nel 1900 ad opera dell’artigiano Camilo Guglielmo Bianchi;
Al fondo della galleria del chiostro, vi è una pittura murabile datata intorno alla fine dell’ottocento che raffigura l’Albero della Santità Francescana.
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA GUARDIA
Sull’altura di Forneto venne costruito nel 1760 un sacrario in cui fu collocata la Statua della Madonna con il Bambino che oggi sovrasta l’altare maggiore del Santuario.
Nel 1800 la cappelletta fu distrutta nel corso delle vicende belliche e la statua fu portata a Gavi nel convento dei Carmelitani ed infine nell’oratorio di SS Trinità.
I lavori per la costruzione del Santuario iniziarono nel 1847 e terminarono, con il concorso della popolazione, nel 1861.
Nel 1941 il Sacrario fu affidato ai Padri della Congregazione dei figli di Maria, che a Gavi attivarono le prime scuole medie.
L’interno del santuario è con pavimento in marmo rosso Levanto ed è strutturato a croce greca su pilastri massicci.
L’altare maggiore è sormontato dalla nicchia con la settecentesca statua della Vergine; i due altari laterali sono dedicati al Sacro Cuore e allo Sposalizio di Maria.
Il concerto di quattro campane fu posto in opera nel 1880.
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