Rocca Grimalda

Perditi tra le stradine del borgo medievale di Rocca Grimalda e immergiti in un’atmosfera d’altri tempi. Visita il Castello, un gioiello architettonico che domina la vallata, e scopri la storia millenaria di questo luogo. Ammira il panorama mozzafiato sull’Oltregiogo e assapora i prodotti tipici locali.
Abitanti
1415
Altitudine
280 m
Info & Turismo

Secondo la tradizione, assunse inizialmente la denominazione di Rocca Rondinaria dalla mitica città romana, ma i documenti attestano soltanto le denominazioni Rocca Costantina (1199), Rocca Val D’Orba 1239) Rocca dei Trotti (1440) ed infine Rocca Grimalda (1572).

Nel 963, Rocca rientrò fra i territori concessi dall’imperatore Ottone ai marchesi del Monferrato, di stirpe aleramica. Nel 1164, Rocca fu concessa in feudo a Guglielmo del Monferrato dall’imperatore Federico I, detto il Barbarossa, e durante il XIII secolo fu data in pegno, con la relativa investitura, ai marchesi di Gavi. Dopo alterne vicende, passò ai genovesi che ne investirono i Malaspina. Per un breve periodo fu libero Comune e stabilì un’alleanza con Alessandria. Nel 1355, fu nuovamente concessa ai marchesi del Monferrato e, nel 1440, fu assegnata da Filippo Maria Visconti a Galeazzo Trotti, i cui eredi, dopo alterne vicende, si videro spodestati e reinvestiti del feudo, che vendettero definitivamente ai Grimaldi, patrizi genovesi, i quali dominarono il paese sino al XIX secolo.

I Grimaldi portarono dalla Repubblica di Genova il culto di Santa Limbania e la coltivazione della vite, che stravolse il paesaggio delle colline circostanti ove il bosco venne gradualmente rimpiazzato dalle vigne.

Cosa vedere a Rocca Grimalda

Costruito alla sommità di uno sperone roccioso, si trova in un luogo strategicamente importante, sia perché facilmente difendibile, sia perché permette di controllare le strade tra l’Oltregiogo e pianura alessandrina, in un’area di forti contrasti tra il Monferrato e la Liguria.

Costituito al principio da una struttura poligonale destinata a truppe di sorveglianza, il castello, compreso inizialmente nel feudo del marchese del Monferrato, passa successivamente ai Marchesi di Gavi. Nel 1431 il territorio è occupato militarmente da Filippo Maria Visconti, duca di Milano; ha ancora una funzione esclusivamente difensiva e viene assegnato a Gian Galeazzo Trotti, capitano di ventura, che inizia la trasformazione dell’edificio in residenza nobiliare. Nel 1570, il feudo venne acquistato da Battista Grimaldi, patrizio genovese, la cui famiglia conserva la proprietà per circa 250 anni, completandone la costruzione, alla fine del Settecento, con la maestosa facciata occidentale e la realizzazione dello scenografico giardino all’italiana.   

La parte più antica del castello, risalente alla fine del 1200, è la torre a pianta circolare: attualmente raggiunge i 22 metri di altezza, ma prima dell’anno 1865, quando venne parzialmente abbattuta da un fulmine, si presentava più alta di quasi due metri e terminava con una merlatura di coronamento con elementi di tipo ghibellino (a coda di rondine). Assai singolare è la decorazione terminale costituita da una triplice serie di archetti pensili in laterizio e pietra che ricordano le torri genovesi degli Embriaci e della Grimaldina. Al piano terreno, una porta introduce a una stanza con muri e mattoni in pietra grigia utilizzata come magazzino e, probabilmente come cisterna dell’acqua. La seconda stanza è quella detta del “trabocchetto”, attualmente inaccessibile, che la tradizione vuole fosse una trappola per far precipitare i nemici. La terza stanza presenta un pavimento a lisca di pesce e sono presenti dei graffiti. Nella quarta sala vi sono degli affreschi del Seicento, raffiguranti, forse, la Chiesa Parrocchiale. Vi sono poi sale che sono utilizzate come prigioni e come alloggio per la guarnigione.

Il blocco cinquecentesco del castello è costituito da un complesso di tre edifici, rivestito ad intonaco, con cornice marcapiano in pietra in corrispondenza del piano nobile e dei sette abbaini. L’atrio è costituito da un loggiato con volte a crociera, sostenuto da robusti pilastri in muratura a vista, vestigia del primitivo impianto medioevale.

L’originaria facciata romanica, spezzata nella parte superiore, è ancora visibile in via della Canonica; era costruita in pietra grigia da taglio a vista con due serie di tre archetti ciechi. Il portale, ora adibito ad ingresso secondario, presenta una lunetta a tutto sesto. All’interno della chiesa vi sono quadri di grande importanza, fra i quali una tela di Giovanni Battista Merano raffigurante la presentazione ad Erodiade della testa del Battista.Al centro dell’abside vi è una tela, in cornice settecentesca, raffigurante San Giacomo a cavallo, vincitore dei Mori. La cappella laterale sinistra, dedicata a San Giacomo Maggiore, conserva la cassa processionaria in legno policromo, a grandezza naturale, contenete due reliquie autenticate. Nella sacrestia sono collocati una tela di pregevole fattura del Seicento genovese raffigurante la deposizione di Cristo e una Madonna e angeli del Settecento. Nella quarta campata di sinistra vi è un seicentesco Convitto di Erode e su una antica porta in legno è raffigurato San Pietro con le chiavi, di particolare bellezza.

Un’ampia scalinata porta alla mistica e venerata meta dei mulattieri e dei cavallari liguri-piemontesi: l’antica chiesa dell’Assunta e di San Libero, comunemente denominata Chiesa di Santa Limbania, ora monumento nazionale. Compare già nel 1374 in un disegno, la Chiesa del Colle di Castelvero. L’edificio, ristrutturato nel tardo Cinquecento, presenta attualmente una facciata a capanna tripartita da due ordini sovrapposti di lesene doriche. Al centro della parte inferiore vi era un affresco del 1642 raffigurante la Madonna Assunta, commissionato dalla marchesa Gerolama Serra Grimaldi alla bottega genovese di Giovanni Battista Carlone. Il portale di pietra reca in alto la data 1690. La pianta è a una sola navata, terminante con un’abside.

Il basso catino absidale è decorato da un affresco dedicato al Trionfo dell’Assunta, ultimato nel 1526 da Luchino Ferrari. Affreschi coevi si trovano anche negli altari laterali; quello di destra ospita la statua di santa Limbania.

Ella era una fanciulla orientale, che, per sfuggire al matrimonio imposto dalla famiglia, s’imbarcò su una nave genovese: venne affidata al monastero benedettino di San Tommaso e si fece monaca. Alla stessa furono dedicati la stazione ferroviaria portuale e un silos per il grano. A Rocca il suo culto venne incentivato dalla famiglia Grimaldi che patrocinò i restauri e l’abbellimento della chiesa. A Voltri esiste una chiesa dedicata alla Santa, risalente al XIII ecolo. I cavallari e i mulattieri provenienti dal Porto di Genova, giungevano a Voltri, risalivano la strada della Canellona, sostavano alla Cappelletta di Masone, scendevano in Valle Stura e risalivano da Rossiglione a Costa di Ovada e poi a Rocca Grimalda. Ecco il motivo della venerazione di questa santa da parte dei mulattieri e dei cavalli liguri-piemontesi: la chiesa divenne quindi meta di pellegrinaggi da tutto l’Oltregiogo ligure.

Il Museo della Maschera nasce nel 2000, su iniziativa di un gruppo di studiosi facenti capo al Laboratorio Etno-Antropologico attivo sul territorio dal 1996. Il Laboratorio ed il Museo della Maschera sono riusciti a realizzare a Rocca Grimalda un ambizioso progetto: fare di un piccolo borgo dell’Oltregiogo un centro di elaborazione culturale in grado di dialogare con istituzioni italiane ed europee attente allo studio delle usanze popolari. La sua istituzione si deve principalmente alla presenza in Rocca Grimalda di un rituale carnevalesco dai tratti molto arcaici, la Lachera, i cui costumi mostrano evidenti analogie con quelli utilizzati in riti simili ancora praticati in molte parti d’Europa. È stata creata una collezione permanente che si occupa del tema del carnevale, delle festività e della maschera. Dall’intreccio fra le fonti orali della comunità di Rocca Grimalda e la documentazione fotografica è stato possibile ricostruire i ruoli delle maschere e la dinamica della festa. La testimonianza più antiche della Lachera finora rinvenuta è costituita da una piccola e sbiadita fotografia risalente al 1912. Le fotografie di anni successivi mostrano un gruppo mascherato composto da una quindicina di figuranti (Sposo, Sposa, una damigella, due Zuavi, due Lchè, quattro Trapulin, quattro Mulattieri, il Bebè, un misterioso Guerriero e l’aggiunta dell’accompagnamento musicale di due o tre musicisti (violino, clarinetto, chitarra o mandolino). La morfologia della maschera rimane pressoché, invariata come mostrano le immagini del 1914, 1925 e 1929. Il Museo si trova nel retro del Palazzo Cinquecentesco del Comune.   

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