Il Comune trae il suo toponimo da Taliolus, Talliolus o Taiolus, antichi termini che indicano una zona di intenso disboscamento, in epoca longobarda. Vi operarono i monaci di san Colombano del vicino monastero di Belforte, all’epoca noto con il nome di Uxecium. Concesso, nel 976, in feudo agli Aleramici dall’imperatore Ottone I, fu possedimento dei vari feudatari: Malaspina, Cattaneo della Volta, Spinola, Doria, Del Bosco.
Durante il periodo medioevale ospitò il monastero femminile di Santa Maria di Bano, i cui resti sono ancora oggi visibili sul Monte Colma. Fu conquistato dal condottiero miliare della Repubblica di Genova Egidio Di Negro, durante l’espansione genovese nell’Oltregiogo. Successivamente, entrato nell’orbita del Ducato di Milano, fu dato in feudo alla famiglia Gentile. Nel 1750, a seguito del matrimonio di Teresa Gentile con Costantino Pinelli, il feudo di Tagliolo passò alla famiglia Pinelli Gentile, attuale proprietaria del castello.
La seconda parte del nome del Comune, “Monferrato”, fu aggiunta nel 1902 per volontà dell’allora sindaco Giuseppe Pinelli per evitare la confusione del nome di Tagliolo con altri simili, come Tigliole (Asti), Tagliole (Modena) Tiglieto (Savona).
La storia di Tagliolo si apre con un atto solenne redatto a Genova il 19 giugno 1217 quando il marchese Ottone del Bosco donò al Comune di Genova una serie di località situate in Valle Stura e nella media Valle dell’Orba. Però il suo nome compare per la prima volta in una carta del 933, quando Ugo e Lotario, donarono la “curtis Auriola” nel comitato di Vercelli. La conquista manu armata delle valli Orba e Stura accelerò il processo di inserimento delle comunità locali nel sistema politico-amministrativo genovese. Il legame con la città ligure era di natura economica prima che politica: la presenza di un Bellingerio di Tagliolo, un Nicolino di Rocca (Grimalda) e un altro Bellingerio di Silvano (d’Orba) sulle sponde del Mar Nero lungo le rotte privilegiate dal commercio marittimo della Superba, è al riguardo quanto mai eloquente.
CASTELLO PINELLI GENTILE
Il borgo antico si accentra nel Ricetto, entro le mura che sottintendono anche il castello, tutt’intorno la collinetta del Poggio, seguendo la via Morella e lungo la via Coppa. Secondo un documento del 1293, a Tagliolo erano esistiti tre castelli: un castrum novum, un secondo castrum detto “de Droguis” ed un terzo “de Raynis”. Questi ultimi due vennero abbattuti probabilmente nel 1272, durante una spedizione dei genovesi. Ai tempi di Filippo della Volta (1295) il castello ospitava 200 armigeri.
Nel cortile del castello si affaccia la “Bigatteria”, edificio che un tempo era utilizzato per l’allevamento dei “bigatt”, i bachi da seta: nel territorio dell’Oltregiogo, soprattutto a Novi Ligure, era fiorente la lavorazione della seta. Oggi il locale viene utilizzato per pranzi di nozze o aziendali e incontri culturali.
Il passaggio da un maniero spartano a un castello signorile si attuò con la dinastia dei conti Gentile. Fu l’architetto di origini portoghesi Alfredo D’Andrade a dargli una nuova vita. Autore già del Borgo Medioevale di Torino e del Castello del Valentino, restauratore (secondo i canoni del tempo) dei Castell di Pavone, Verres, Fenis ed altri, su incarico del marchese Pinelli Gentile, egli progettò la ricostruzione del castello basandosi sui suoi innumerevoli studi di architetture medievali si possono ammirare le torri, i merli ghibellini, i balconcini e gli stemmi affrescati sulla facciata, il fregio a spina di pesce bianco e rosso… La ricostruzione toccò anche il borgo.
PARROCCHIALE DI SAN NICOLÒ
La confraternita dei Disciplinati di San Nicolò nacque nel secolo XV ed ebbe la prima sede sul Poggio di San Nicolò, ma la costruzione della chiesa che oggi vediamo, presso l’entrata del Castello, risale al secolo XVII e si presenta nelle forme tradizionali, con la facciata a capanna, il portale rettangolare, le tre finestre in alto a modo di trifora e l’immagine di san Nicolò. Il primo altare è dedicato a san Carlo Borromeo e vi è conservata una statua processionale in legno, opera dello scultore ovadese Emanuele Giacobbe noto per alcune statue in marmo al cimitero Staglieno di Genova. Il secondo altare è dedicato alla Madonna del Rosario, mentre sulla parte opposta vi è una Crocifissione -attribuibile a Guglielmo Caccia detto “Il Moncalvo” (1568-1625).
Il campanile, edificato ai primi dell’Ottocento, è opera tecnicamente ardita ed elegante; merita una particolare attenzione la fuga dei gradini interni di pietra, inseriti direttamente nella muratura.
CAPPELLE CAMPESTRI
Molta attenzione meritano le cappelle campestri: San Rocco, San Benedetto, San Defendente, San Giuseppe, Santa Maria delle Grazie, tutte edificate a partire dagli inizi del secolo XVI.
MONASTERO SANTA MARIA DI BANO
Tra il XII e il XV secolo, sulle alture del Monte Colma si trovava il monastero femminile cistercense di Santa Maria di Bano. Quelli erano i secoli di maggior espansione dei cistercensi che, da Tiglieto, il primo monastero da essi edificato in Italia, si erano diffusi soprattutto in Liguria, fondando case non solo per gli adepti maschili. A Bano vi erano le monache appartenenti alle principali famiglie della aristocrazia genovese ed il loro numero, negli anni migliori, superò il numero di 40 professe. Il monastero fu abbandonato nel Quattrocento. Con il passare dei secoli rimasero visibili solo pochi mozziconi di muro, ma i documenti antichi e le leggende locali hanno spinto un gruppo di appassionati, guidati dall’archeologo Enrico Giannichedda, ad operare alcune campagne di scavo che ci hanno restituito il vero senso della vita monacale. Attualmente si stanno facendo opere per riportare, per quanto possibile, in vita il monastero di Bano e la sua storia.
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